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Articolo pubblicato su Homiletic & Pastoral Review – Luglio 1983 con il titolo “The contraceptive mentality”
di Donald DeMarco
Una “mentalità” esiste in una società quando buona parte della gente reagisce automaticamente ad una situazione senza riflettere sulle conseguenze a lungo termine. La “mentalità” descrive un modo di pensare diffuso – quasi Pavloviano – che è consapevole dei benefici immediati, ma ignaro delle ripercussioni a distanza. Una “mentalità inflazionistica”, ad esempio, si verifica quando la gente, pensando alle sue necessità immediate, chiede salari sempre più alti per far fronte all’inflazione, ma così facendo, assicura il protrarsi proprio dell’inflazione che cerca di combattere.
Una “mentalità” è molto difficile da correggere perché è formata da assunti inconsci e mantenuta dalla pura forza dell’abitudine. E’ anche molto difficile resistere ad una determinata “mentalità”. Carl Jung ci offre un efficace esempio di questo quando descrive la mentalità schiavista che dilagava nell’antica Roma e faceva sì che tutti i romani involontariamente diventassero nell’intimo degli schiavi. Poiché il romano viveva “costantemente in mezzo agli schiavi”, sosteneva Jung, “egli veniva inconsciamente contagiato dalla loro psicologia.” 1 Per questo motivo facciamo riferimento nella nostra epoca ad una “mentalità consumistica”, ad una “mentalità da guerra fredda” e ad una “mentalità contraccettiva”.
La contraccezione è la prevenzione attraverso mezzi meccanici o chimici delle conseguenze naturali del rapporto sessuale, cioè del concepimento. Scopo della contraccezione è separare il rapporto sessuale dalla procreazione cosicché i partners possano godere del piacere sessuale senza il timore che la loro attività sessuale possa dare luogo alla procreazione di un altro essere umano. Si ha una “mentalità contraccettiva” quando questa separazione del rapporto sessuale dalla procreazione è data per scontata e i partners ritengono che, impiegando la contraccezione, essi sono sollevati da ogni responsabilità di un eventuale concepimento conseguenza di un insuccesso del metodo contraccettivo. Strano a dirsi, usare la contraccezione per sottrarsi alla responsabilità nei confronti della propria progenie coincide, nella mente di molti, con “l’essere responsabili” e perfino con la “genitorialità responsabile”. 2 Ad ogni modo, la “mentalità contraccettiva” implica che una coppia non solo ha i mezzi per separare il rapporto sessuale dalla procreazione, ma ha anche il diritto o la responsabilità.
La contraccezione minaccia il matrimonio
La prima persona a richiamare l’attenzione sulla “mentalità contraccettiva” e a offrire una dimostrazione statistica a supporto della sua diffusione, fu il sociologo gesuita Stanislas de Lestapis. Nel suo libro “La limitation des naissances”, pubblicato nel 1960, de Lestapis fornì dati sociologici che indicavano la presenza di quella che egli definì uno “stato mentale contraccettivo”3. In Gran Bretagna, ad esempio, la Royal Commission on Population indicava che nel 1949 il numero degli aborti procurati era 8.7 volte più alto fra le coppie che abitualmente praticavano la contraccezione che fra quelle che non la praticavano. In Svezia, dopo che la contraccezione fu legalizzata, gli aborti legali crebbero dai 703 del 1943 ai 6.328 del 1951. In Svizzera, dove la contraccezione era quasi illimitata, si stimava che gli aborti fossero uguali o superiori in numero ai nati vivi nel 1955. Tali numeri offrirono una dimostrazione sicura alla tesi sostenuta da de Lestapis e cioè che una maggiore contraccezione non riduce l’incidenza dell’aborto. In realtà, le cifre indicavano che una maggiore contraccezione tende a creare una “stato mentale contraccettivo” che porta a non assumersi la responsabilità per i figli concepiti, e che, a sua volta, porta a più aborti.
Considerando le cifre indicate da de Lestapis, e quelle raccolte da varie altre fonti, John T. Noonan, Jr., riaffermò nel suo famoso libro sulla storia della contraccezione che “era pericoloso creare l’idea che i figli dovevano essere evitati”. 4
Lo storico Christopher Dawson, nel 1933, aveva espresso il timore che una contraccezione diffusa avrebbe costituito una minaccia per il matrimonio. Egli puntava alla necessità di ri-spiritualizzare la sessualità per preservarne il vero significato. 5 A quel tempo, tuttavia, Dawson fu considerato un allarmista. Anche negli anni 30, il Dott. Paul Popenoe recriminava nel suo libro Modern Marriage, sulle reali difficoltà del matrimonio che erano “intensificate da una propaganda emotiva, in gran parte associata al movimento per il controllo delle nascite”. Egli continuò dicendo che:
Per più di un quarto di secolo l’America è stata assalita da una propaganda raffigurante i mali delle famiglie numerose, il pericolo della fecondità, le disgrazie dei “figli indesiderati”…… Considerando gran parte della discussione moderna, si dovrebbe pensare che i figli siano una disgrazia; che i numeri più piccoli siano quelli desiderabili; che ogni figlio in più sia per la madre un passo verso la fossa, per il padre un passo verso la bancarotta, e per entrambi un passo verso l’infelicità….(Pag. 248)
Con il passare del tempo molti pensatori percepirono la graduale diffusione della “mentalità contraccettiva” e fecero sentire la propria critica. Fra questi pensatori c’erano personalità diverse quali il filosofo umanista Max Horkeimer, fondatore della Scuola di Francoforte 6 e il Cardinale cattolico Suenens del Belgio che dichiarò: “L’instabilità della vita famigliare e l’inquietante aumento dei divorzi possono, naturalmente, essere ricondotti al corrosivo e rovinoso effetto della contraccezione.” 7
Nel frattempo studiosi cattolici convennero a Roma per discutere se la Chiesa doveva modificare il suo insegnamento sulla contraccezione, la frase “mentalità contraccettiva” era diventata familiare e i suoi potenziali pericoli per la famiglia e il matrimonio erano debitamente rilevati. Il Rapporto della Commissione Papale del 1967, sebbene sollecitasse Roma a garantire un’approvazione morale per l’uso della contraccezione in alcune circostanze ben determinate, condannava la “mentalità contraccettiva” in quanto “stile di vita che nella sua totalità è egoisticamente e irrazionalmente opposto alla fecondità”. 8 Nello stesso anno, il gesuita Robert V. O’Brien annunciava che sebbene la Chiesa non aveva un “filo diretto con il cielo” per le questioni morali, essa riconosceva che “la mentalità contraccettiva è sintomatica di una civiltà malata”.9
L’espressione “mentalità contraccettiva” o “stato mentale contraccettivo” è descritta quando come “atteggiamento contraccettivo”10, quando come “morale contraccettiva” e quando come un aspetto di una “cultura contraccettiva” 12 . Come dice la filosofa inglese Elizabeth Anscombe: “La morale contraccettiva insegna che le donne devono essere caste solo quanto i pagani pensavano dovessero esserlo gli uomini.” 13
Un indicatore utile e attendibile della diffusa adozione di un atteggiamento culturale è la facilità con cui esso viene espresso sia nell’umorismo popolare che nell’arte popolare. La rivista gesuita America scherzava sul fatto che per molti cattolici “progressisti”, aggiornamento (un termine ecumenico popolare negli anni 60) era la parola italiana per contraccezione. Nel libro di Sam Levenson You Don’t Have to Be In Who’s Who To Know What’s What, che è un’antologia informale degli atteggiamenti culturali prevalenti visti attraverso le lenti dell’umorismo popolare, si legge:
Fraternizzare senza “maternizzare” è oggi una dottrina sociale che è stata strettamente compressa in una pillola, la pillola. Quelli che si oppongono alla pillola hanno compresso le parole “pill age” (“età della pillola”) in una parola indignata: “pillage” (“saccheggio”). (pag. 62)
Una dichiarazione più sfrontata del livello di contraccezione raggiunto dalla società americana è contenuta nel film del 1973 Blume in Love in cui Blume (George Segal) inveisce contro la sua ragazza (Susan Anspach) che insiste per fare l’amore senza contraccettivi. “Le sole persone che non usano i contraccettivi oggi” urla Blume, ” sono i cattolici e gli stupratori”. Non c’è bisogno di dire che questo non fa ridere i cattolici (una commedia del 1968, Prudence and the Pill, che si basa su una serie di equivoci in cui l’aspirina è scambiata per la pillola faceva molto più ridere) poiché parte del sui messaggio indica che c’è sempre meno tolleranza in una cultura contraccettiva per qualsiasi gruppo che non sottoscriva la prevalente mentalità contraccettiva.
Non c’è dubbio che la contraccezione sia diventata una parte dominante del comportamento sessuale nel mondo occidentale. Negli Stati Uniti, nel 1975, 10 milioni di donne usavano la pillola (64 milioni di prescrizioni annuali) mentre le vendite dei preservativi raggiungevano i 150 milioni di dollari l’anno14. Nella metà degli anni 70, 40 milioni di donne nel mondo usavano il contraccettivo orale, per citare solo una forma di contraccezione. In Gran Bretagna, ad esempio, nel 1972 il Report of the Royal College of Obstetricians and Gynecologists sosteneva: “Si ritiene che più del 90% delle coppie sposate abbia qualche volta praticato la contraccezione in qualche forma durante la loro vita matrimoniale” 15 Germaine Gree, la famosa femminista, osservava che in Australia le madri mettono la pillola nella tazza di the mattutina delle loro figlie già a partire dai 12-13 anni. In India l’informazione contraccettiva è veicolata dalle confezione del latte. In Canda il 24% di tutte le donne di età compresa fra i 18 e i 44 anni, prendevano la pillola dal 1976. Chiaramente, la “mentalità contraccettiva” ha guadagnato un’accettazione quasi globale e la pressione per rendere tale accettazione ancora più ampia, specialmente fra i giovani, continua.
La tesi è indifendibile
La Dott.ssa Carol Cowell, primario di pediatria al Hospital for Sick Children di Toronto, vuole che la contraccezione sia pubblicizzata nei luoghi frequentati dai teenagers, come le catene dei fast-food, i negozi di jeans e di dischi. Lo scrittore Ed Le Shan dice: “L’informazione e le risorse per il controllo delle nascite dovrebbero essere facilmente disponibili tutte le volte che un teenager le vuole – non dai suoi genitori ma attraverso il servizio sanitario scolastico o il medico di famiglia.” E Ellen Peck, autrice del bestseller The Baby Trap, crede che la contraccezione dovrebbe essere considerata come naturale, non artificiale “e parte della borsetta dei cosmetici di una ragazza” 16. Attualmente il Planned Parenthood negli Stati Uniti sta giurando di fare causa al governo, di portare la sua causa al Congresso, e addirittura di rinunciare ai fondi federali ( che includono circa 30 milioni di dollari annuali del Department of Health and Human Services) nella sua lotta contro una proposta governativa di regolamentazione per informare i genitori quando i teenagers ricevono prescrizioni di contraccettivi.17
Per consolidarsi sempre di più, la “mentalità contraccettiva” assume la caratteristica della naturalità e inevitabilità che, per contrasto, fa sembrare sempre più innaturale e incomprensibile ogni opposizione alla contraccezione. Nondimeno, è importante ricordare che il nucleo della “mentalità contraccettiva” è il timore di qualcosa che è perfettamente naturale, i bambini. E alcuni psichiatri hanno già diagnosticato questo timore come patologico.18 La “mentalità contraccettiva” presente rende difficoltoso ricordare questo punto perché il luogo comune di permettere ai teenagers di usare contaccettivi si basa sul comprensibile desiderio di ridurre l’incidenza dell’aborto giovanile. Tuttavia, la radice del problema che ha portato all’attuale crisi giovanile è il timore da parte delle coppie sposate che i loro atti coniugali siano fecondi. E’ vero in effetti, come ha fatto notare il medico australiano R. S. J. Simpson, che “l’accettazione della contraccezione porta con sè la sostanziale certezza che presto dovremo fronteggiare un ampia gamma di mali individuali, familiari e comunitari che sono le inevitabili conseguenze della mentalità contraccettiva.”19
Il timore della fecondità
Il principio anti-bambino della mentalità contraccettiva” si rese evidente in modo sorprendente alcuni anni fa quando la G. D. Searle and Company cercò di commercializzare il suo contraccettivo anovulatorio in Turchia. L’ostacolo principale in cui s’imbattè l’azienda era dovuto al fatto che non esisteva nessuna parola in lingua turca per dire contraccezione. Allora la pillola fu propagandata sul mercato turco con il termine pillola “per non avere bambini”.
Un’esempio ancora più sorprendente e diretto dell’ essenza anti-bambino della “mentalità contraccettiva” fu offerto da Lise Fortier al meeting della National Abortion Federation nel 1980. Nel suo discorso la dott.ssa Fortier dichiarò che “ogni gravidanza minaccia la vita della donna” e che da un punto di vista strettamente medico “ogni gravidanza dovrebbe essere interrotta”.20 La “mentalità contraccettiva” che inizia nella dissociazione fra atto sessuale e concepimento, logicamente e inevitabilmente porta alla dissociazione fra concepimento e vita. Come predisse esattamente nel 1973 Malcolm Potts, ex direttore medico della International Planned Parenthood Federation: “Quando la gente si volgerà alla contraccezione, ci sarà un aumento, non una riduzione, del tasso di aborto.”21 Era una previsione facile da fare alla luce di quello che era successo in altri paesi. Per citare solo un’ altro esempio, una ricerca giapponese ha dimostrato che le donne che usano la contraccezione hanno aborti sei volte di più delle altre donne.22
C’è un’unanimità universale e sostanziale sul fatto che l’aborto sia altamente indesiderabile. Ma ripetutamente gli oppositori dell’aborto, essi stessi vittime della mentalità contraccettiva, difendono la tesi indifendibile che la contraccezione ridurrà l’aborto in nome della logica e del realismo. Tom Harpur, ad esempio, l’editorialista religioso del Toronto Star scrive:
Opporsi all’aborto e opporsi strenuamente all’educazione sessuale e ai contraccettivi che potrebbero prevenire le gravidanze indesiderate, come fanno molti gruppi religiosi, sembra un illogico, e spesso tragico, errore.23
Similmente, negli Stati Uniti, Marjory Mecklenburg, la Deputy Assistant Secretary of Health and Human Services for Population Affairs, dice che l’amministrazione Reagan spera che i teenagers evitino il sesso, ma aggiunge che “se i teenagers sono sessualmente attivi, vogliamo che usino la contraccezione in modo sicuro ed efficace.”24 Ella crede ardentemente, come la Planned Parenthood, che la contraccezione sia il modo semplice e ragionevole per prevenire le gravidanze indesiderate negli adolescenti e quindi per eliminare la necessità di abortire.
C’è solo un modo per ridurre l’aborto e cioè ridurre le sua causa che è la mentalità contraccettiva. E la mentalità contraccettiva può essere ridotta solo riconoscendo che la procreazione è buona e ripudiando l’atteggiamento che approva la violenta negazione di quel bene. E’ sicuramente illogico e irrealistico cercare di costituire una civiltà veramente umana dove ogni essere vivente ha il diritto di vivere iniziando con l’idea di ridurre l’aborto e rimanendo scettici riguardo la bontà della naturale conseguenza dell’atto sessuale. Non possiamo restaurare la salute morale della civiltà semplicemente eliminando qualcosa di cattivo; possiamo restaurarla solo amando e abbracciando ciò che è fondamentalmente buono. Noi iniziamo a costruire una civiltà umana non dai resti carbonizzati di una civiltà bruciata, ma partendo dalla consapevolezza che la nuova vita è un grande bene. Il filosofo esistenzialista russo Nicolas Berdyaev ha ragione quando dice, “Se non ci fosse la fecondità, l’unione sessuale degenererebbe in dissolutezza.”25 E’ proprio la possibilità di invocare una nuova vita umana che eleva il rapporto sessuale ad un livello trascendente e dona alla coppia sposata un punto di convergenza che è veramente suo e non qualcosa che appartiene esclusivamente a uno o all’altro.
Proviamo ad esprimerlo in un altro modo. E’ molto più logico e realistico rivoluzionare la società insegnando agli uomini ad essere virtuosi, poiché la virtù è la perfezione di qualcosa di naturale, di quanto lo sia effettuare la stessa rivoluzione trascurando la virtù e cercando di sopprimere le conseguenze negative dei vizi umani attraverso interventi tecnologici. Questo non vuol dire che la virtù o la società civilizzata vengono con facilità; infatti il loro conseguimento richiede lo sviluppo e la comunione di tutti i doni che gli uomini posseggono. Vuol dire, invece, che questo è l’unico modo logico e realistico. L’approccio amorale alla tecnologia che produce un incubo sociale e disumano era la visione fondamentale di Huxley, Orwell e altri.
Nel leggere il libro dei Westhoff From Now to Zero, in cui scrivono della “Società Contraccettiva Perfetta”26 in cui la contraccezione è “completamente operante” e “completamente accettabile”, il lettore ragionevole non è colpito dal realismo degli autori , ma è sconcertato dalla loro apparente e totale ignoranza della vita reale e della natura della condizione umana. In effetti, molta sociologia moderna è indistinguibile dalla fantascienza (dalla cattiva fantascienza).
Il realista guarda alla realtà dell’uomo e scopre che l’ideale del piacere sessuale sterile non riesce a portare quella felicità che promette perché non corrisponde all’ intima sintassi della sessualità che richiede interezza, integrità, rinuncia e fecondità. Non importa quanto gratificante possa essere una relazione sessuale, se il mistero della procreazione non viene celebrato, almeno simbolicamente, i partners si deluderanno l’un l’altro e volgeranno inevitabilmente verso altri la loro attenzione nella segreta speranza che la volta successiva troveranno una relazione che darà loro quella realizzazione più profonda che cercano.
Allo stesso tempo siamo preoccupati della difficoltà di insegnare o vivere dei principi verso i quali i poteri più influenti della società sono ostili. Tuttavia questi poteri rendono le cose più difficili e non ci impediscono di distinguere fra la reale natura delle nostre responsabilità sessuali da una parte, e l’inganno dell’attuale mentalità contraccettiva dall’altra. E la chiara distinzione fra realtà e impostura è sufficiente ad inaugurare una rivoluzione morale.
La storia racconta di un gruppo di pescatori preoccupati della riduzione del loro raccolto di vongole. Quando i pescatori si accorsero che il loro raccolto veniva devastato dalla stella di mare, essi adottarono una soluzione plausibile al problema tirando su i predatori nelle loro barche, tagliandoli a metà e ributtando i resti nel mare. Però rimasero sbalorditi nello scoprire che più stelle marine sezionavano, più raccolto perdevano. Il loro grave errore era stata l’incapacità di comprendere la vera natura del loro nemico. Poiché le stelle marine hanno la capacità di rigenerarsi, i pescatori in realtà stavano aumentando il loro problema mentre credevano di ridurlo. In realtà essi erano diventati i nemici di sé stessi.
La storia è una parabola per combattere l’aborto. Poiché l’aborto prospera sulla mentalità contraccettiva, noi combattiamo realisticamente l’aborto non moltiplicando i nostri sforzi per rafforzare la mentalità contraccettiva, ma lavorando per eliminarla. Ma il primo passo – la valutazione realistica del nemico – è un passo che la nostra società non ha ancora fatto. In realtà, al momento tutto sembra indicare che “invece del cambiamento ci sarà piuttosto la rovina.”27
NOTE
1 Carl G. Jung, Contributions to Analytical Psychology, London, 1928.
2 See K. D. Whitehead, “The Responsibility ‘Connection’: Divorce, Contraception, Abortion, Euthanasia,” International Review of Natural Family Planning, Vol. IV, No. 1; Spring 1980, pp. 62-66.
3 Stanislas de Lestapis, S. J., La limitation des naissances, 2nd ed. (Paris, 1960), pp. 63-5.
4 John Noonan, Jr., Contraception: A history of its treatment by the Catholic theologians and canonists (New York: New American Library, 1965), p. 616.
5 See Christopher Dawson, Enquiries into Religion and Culture (1933). See also, The Dawson Newsletter, Vol. 1, No. 2; Fall 1981.
6 Horkheimer believed that the Pill transforms Romeo and Juliet into a museum piece, and that the price of the Pill consists in the acceleration of the loss of longing and finally the death of love. See Rudolf J. Siebert, New Concilium 121, “The Future of Marriage and Family,” ed. Andrew Greeley (New York: Seabury Press, 1979), p. 45.
7 Leon Cardinal Suenens, Love and Control (Westminster, Maryland: The Newman Press, 1960), p. 16.
8 “The Papal Commission Report,” The Catholic Case for Contraception, ed. D. Callahan (Toronto: Collier-Macmillan, 1969), p. 159.
9 John Y. O’Brien, S. J., America, March 4, 1967.
10 See Wanda Poltawska, “The Effect of a Contraceptive Attitude,” IRNFP, Vol. IV, No. 3; Fall 1980.
11 Elizabeth Anscombe, Contraception and Chastity (London: Catholic Truth Society, 1977).
12 See Patricia Koval, “Women in a Contraceptive Culture,” Commonweal, 22 December 1967.
13 Anscombe, p. 5.
14 “Birth Control: New Look at the Old,” Time, January 10, 1977.
15 Unplanned Pregnancy: Report of the Working Party of the Royal College of Obstetrics and Gynecologists, London, February 1972, p. 51.
16 Ellen Peck, The Baby Trap (New York: Pinnacle Books, 1972), p. 150.
17 Washington Post story carried by the Kitchener-Waterloo Record, April 19, 1982, p. 35.
18 Poltawska, p. 190: “it is a pathological fear: adults have basically no reason to fear a little child, especially since his arrival depends on their own decisions and actions. This fear occurs so often, however, that it must be recognized as an inevitable characteristic of the contraceptive attitude.” See also R. Simpson, “Contraception: The Camel’s Nose,” IRNFP, Vol. 1, No. 3; Fall 1977, p. 237: “The contraceptive mentality is grounded in fear.”
19 Simpson, p. 236.
20 Andrew Scholberg, “The Abortionists and Planned Parenthood: Familiar Bedfellows,” IRNFP, Vol. IV, No. 4: Winter 1980, p. 308.
21 Scholberg, p. 298.
22 Poltawska, p. 188.
23 Tom Harpur, “Anglican Report urges birth control education,” Toronto Star, Sat. June 12, 1982/H9.
24 The Review of the NEWS, March 24, 1982, p. 19.
25 Nicholas Berdyaev, The Destiny of Man (New York: Harper & Row, 1960), p. 242.
26 Leslie and Charles Westhoff, From Now to Zero (Boston: Little, Brown and Co.), pp. 323-335.
27 W. H. Auden: “We would rather be ruined than change, We would rather die in our dread Than Climb the Cross of the moment And see our illusions die.”
Il Dott. Donald DeMarco è professore aggiunto di filosofia al St. Jerome’s College at the University of Waterloo.Ha studiato teologia alla Gregoriana a Roma e ha conseguito il suo dottorato in filosofia alla St. John’s University di New York. Egli è l’autore di Abortion in Perspective, Sex and the Illusion of Freedom, Today’s Family in Crisis e The Anesthetic Society. Nato nel Massachusetts, risiede con sua moglie e i suoi 5 figli a Kitchener, Ontario.